Un nuovo studio spiega la luce intensa e i volti familiari nelle esperienze di pre-morte

Un nuovo studio, pubblicato lunedì, mostra che un improvviso aumento dell’attività cerebrale al momento dell’arresto cardiaco potrebbe essere la ragione per cui le persone vedono una luce bianca brillante mentre vivono esperienze di pre-morte.

IL Stabileche sono stati pubblicati in peer review Atti dell’Accademia Nazionale delle Scienze Journal, che esamina l’attività cerebrale di quattro pazienti morenti.

Tra il 10 e il 20% delle persone che sopravvivono a esperienze di pre-morte tendono a descrivere il momento come una luce brillante o affermano di aver visto i propri cari morti tra le altre esperienze visive. Molte persone lo vedono con scetticismo, ma il nuovo studio potrebbe aver trovato una spiegazione scientifica per il fenomeno.

Cosa ha visto il ricercatore nel cervello delle persone morenti?

Usando un EEG, i ricercatori hanno notato che l’arresto cardiaco o l’asfissia acuta portavano ad alti livelli di attività gamma nel cervello sia negli esseri umani che negli animali. Il potere gamma del cervello è un indicatore di consapevolezza e tende ad essere associato a concentrazione intensa, risoluzione dei problemi e altre attività cerebrali che richiedono capacità intellettuali.

Nello specifico, le aree attive del cervello che gli scienziati hanno osservato tra i pazienti morenti sono simili alle aree del cervello che si occupano dell’attività visiva interna come il sogno. Questo potrebbe spiegare la luce intensa o i volti dei propri cari. Sebbene i pazienti non vedano queste immagini effettivamente materializzarsi davanti a loro, le sognano principalmente mentre muoiono.

Cervello (illustrativo). (credito: PIXABAY)

Due dei quattro pazienti osservati nello studio hanno mostrato un aumento dell’attività cerebrale mentre gli altri due no. Questo potrebbe spiegare perché solo il 10-20% dei sopravvissuti alla NDE riporta esperienze visive. Tuttavia, lo studio non ha indagato la causa di questo fenomeno in alcune persone più di altre.

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Il dottor Jimo Borjigin, che ha guidato lo studio, ha detto a New Scientist che se i due pazienti che avevano aumentato l’attività cerebrale fossero sopravvissuti, “potrebbero avere una storia da raccontare”.

“Come un’esperienza dal vivo possa emergere da un cervello disfunzionale durante il processo di morte è un paradosso neuroscientifico”, ha detto il dottor George Mashor al Daily Record. “Il dottor Borjigin ha condotto un importante studio che aiuta a far luce sui meccanismi neurofisiologici sottostanti”.

I ricercatori hanno sottolineato che i loro risultati non erano conclusivi perché non potevano chiedere ai soggetti cosa vedevano quando veniva osservata una maggiore attività cerebrale.

Per giungere a conclusioni più concrete, avrebbero bisogno di monitorare l’attività cerebrale dei pazienti sopravvissuti a esperienze di pre-morte ed essere in grado di raccontare ciò che hanno visto al momento dell’arresto cardiaco.

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